Riccione Teatro ricorda con commozione Massimo Sgorbani, drammaturgo e sceneggiatore scomparso prematuramente in questi giorni. Nato a Milano nel 1963, Sgorbani fu protagonista all’edizione 2001 del Premio Riccione, quando gli venne assegnato il premio speciale della giuria, intitolato a Paolo Bignami e Gianni Quondamatteo, per il testo Angelo della gravità (un’eresia). Due anni più tardi confermò la sua presenza nel palmarès del concorso conquistando una “segnalazione di continuità” con Le cose sottili nell’aria. Tra gli altri suoi testi ricordiamo Il tempo ad Hanoi, Tutto scorre, Dove ci porta questo treno blu e veloce, la trilogia Innamorate dello spavento (Blondi, Eva, Magda e lo spavento), Causa di beatificazione e Il discorso dell’onorevole. Rappresentati in tutta Italia da interpreti come Franco Branciaroli, Antonino Iuorio, Lucia Ragni, Ivana Monti, Ruggero Cara e Federica Fracassi, i testi di Sgorbani sono pubblicati da Ubulibri, Editoria&Spettacolo e Titivillus e in alcuni casi sono tradotti all’estero, grazie anche al progetto Fabulamundi Playwriting Europe. A questa intensa attività teatrale Sgorbani ha affiancato diverse sceneggiature per il cinema e la TV, in collaborazione con il regista Angelo Longoni.
Per ricordare Massimo Sgorbani, riportiamo la motivazione del premio speciale assegnato ad Angelo della gravità (un’eresia) dalla giuria del Premio Riccione 2001, presieduta da Franco Quadri e composta anche da Vincenzo Consolo, Elena De Angeli, Luca Doninelli, Marisa Fabbri, Mario Fortunato, Maria Grazia Gregori, Massimo Marino, Enzo Moscato, Luca Ronconi e Renzo Tian:
“La storia vera dell’impossibilità di impiccare un condannato troppo pesante per essere retto dalla corda, accaduta negli Usa, viene trasformata nell’imprevedibile gustosissima autobiografia di un grasso bambino, destinato a rimanere sempre tale, che ci racconta un’infanzia italiana di tormenti perché ‘cicciobombo’, e una giovinezza presso uno zio d’America, nel paese dei suoi sogni per la libertà di mangiare che gli è consentita. Il Nostro scambia il consumismo del supermarket per un paradiso, esaltando la concezione del mondo come vomito di Dio, dove il mangiare – non solo ostie – è il segno della comunione col creatore; e il massimo dell’avvicinamento a lui, come sa dalla tele, consiste nel far assaporare a una ragazza la ‘crema’ di quello che lui chiama il suo ‘würstel’. Ma se la cicciona rimorchiata al supermarket non ci sta, non gli resterà che farla fuori e finire in cella, ad aspettare una pena sospesa, perfezionando ‘un’eresia’ che capovolge ogni valore, una cosa cioè che non accade soltanto ai mostri.”